Cin Cin Alla Nuova Decade




Ci riflettevo qualche giorno fa quando mancavano poche ore alla fine del secondo decennio del 2000: io ed i miei figli siamo nati non solo in decadi e secoli diversi ma addirittura in diversi millenni. Ci divide una sorta di Star Trek del tempo.

La velocità in cui il mondo è cambiato negli ultimi vent’anni è sconcertante. Sono cresciuta con i telefoni a disco proprio come i miei genitori. Lo Swatch con doppia cornetta, che comprai appena uscito, sembro’ un’innovazione senza precedenti. In casa guardavamo la tv a tubo catodico o antenna, come i miei genitori prima di me. Per i miei figli è tutto diverso: il telefono lo concepiscono solo come touch screen - un aggeggio al quale basta urlare qualche cosa e ti risponde immediatamente l’assistente virtuale con frasi di senso compiuto. Alla faccia del Sapientino! Se li metti davanti ad una vecchia tv, iniziano a toccare lo schermo e lamentarsi se non succede nulla. Il mio primo computer operativo (fatta eccezione per lo Spectrum Sinclair che non ho mai capito come si usasse) lo ebbi quando già ero all’università. Molti programmi erano in DOS e la connessione ad internet, quando c’era, passava dal cavo del telefono. Ci volevano almeno due minuti ed un sacco di segnali sonori prima collegarsi ed era lento come una tartaruga zoppa. Parliamo di vent’anni fa, mica di un secolo! Il primo cellulare che ho posseduto era grosso quanto una cabina telefonica e ci sono voluti anni prima che se ne vedesse uno a misura di mano. Ed aveva i pulsanti! Per guardare canali esteri, serviva una parabola del diametro di Saturno. Ora ci sono la fibra e le smart tv in 4D.

Il progresso ha galoppato forsennatamente in questi ultimi 20 anni. E galopperà ancora nei prossimi dieci. Di questo ritmo, chissà cosa saremo qui a raccontarci nel 2030!

Mi sembra ieri quando in visita a Newcastle, brindavo con amici inglesi ed italiani all’arrivo di un nuovo millennio. Sono passati vent’anni. Vent’anni. Ma sono stati ricchi. Da allora, ho vissuto in tre Paesi e tre continenti, ho lavorato per nove aziende diverse. Mi sono sposata, ho avuto due figli. Ho vissuto in diciannove case diverse  - alcune in affitto, alcune di proprietà. Mi sono licenziata, sono stata licenziata, ho cambiato carriera. Ho vinto un premio di poesie, ho scritto un libro per bambini, ho collaborato con tanti blog ed ho lanciato un vlog tutto mio. Ho ottenuto la doppia cittadinzanza. Ho superato tanti ostacoli, ho inciampato, mi sono rialzata. Ho conosciuto gente di tutte le culture, di tutte le religioni, di tutti i colori. Ognuno di loro, anche quelli velocemente archiviati nella memoria, ha in qualche modo contribuito a farmi diventare quella che sono oggi. Ogni incontro fatto è stato un punto e croce, ogni interazione un piccolo tassello di un elaborato merletto. Rifarei tutto? Non so. Se potessi tornare indietro, forse un paio di cose le cambierei ma nel complesso e viste le circostanze al contorno, oggi ho la vita migliore che potrei avere. E se le due decadi precedenti possono dare in qualche modo la misura di quello che sarà quella successiva, allora non posso che avere grandi aspettative per questo decennio. Mi approccerò a questi nuovi anni ’20 con grande entusiasmo e grande curiosità, consapevole che c’è ancora tanto da fare, da scoprire, da imparare, da esplorare, da cambiare e da consolidare. Che la vita è un flusso continuo ed occorre essere fluidi per assecondarla, come fa un surfista a cavallo di un onda.

È un fatto che gran parte delle mie esperienze, quelle più memorabili, appaganti ed eccitanti, le abbia avute fuori dal mio Paese natio. L’Italia è un posto meraviglioso, unico, dove nascere ma non altrettanto bello per “crescere” - crescere intellettualmente e moralmente, come individuo, intendo.

Leggevo un articolo qualche giorno fa in cui si discuteva l’allarme emigrazione. Ma non quella degli stranieri in entrata quanto l’emigrazione degli italiani in uscita. Molti di quelli che se ne vanno hanno qualifiche, intelligenza e capacità. Tutti hanno volontà e voglia di lavorare. Ma nessuno ha spazio.

Ed a chi pensa che andarsene sia una scelta facile e codarda dico: vi sbagliate di grosso. La scelta più facile è non fare nulla, campare di rendita, rimanere sul pezzo, opporsi al flusso. Rinunciare alla propria casa, alle proprie origini, alla famiglia, agli amici e magari negare ai propri figli la gioia di crescere con chi li ama è duro. Come è duro adattarsi ad una nuova cultura, a nuove tradizioni, nuove regole, nuove dinamiche, orizzonti diversi. È duro parlare, pensare ed interagire in una lingua che per quanto si parli bene, non sarà mai la nostra lingua madre. È duro doversi arrangiare da soli, senza l’aiuto di nessuno, senza una ciambella di salvataggio, senza supporto pratico e morale. È duro si. Ma è anche stimolante, invigorente, eccitante e dannatamente soddisfacente. Uno stringe i denti e non molla perché sa che ad un certo punto la fluidità avrà la meglio e quell’onda che prima ci travolgeva e capovolgeva ad un certo punto diventerà la nostra forza propultrice.

L’Italia non è fluida. 

Ed allora per questi nuovi anni ’20, mi auguro e vi auguro consapevolezza, ottimismo, audacia, tenacia. Siate le persone giuste nel posto giusto.

May the flow be with you. Un augurio di un buon decennio e tanta...fluidità!


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