Essere o non essere (o fare finta di essere?)


E così l’outing forzato c’è stato. Qualche giorno fa un gruppo di attivisti omosessuali per mezzo di un sito pirata registrato all’estero ha fatto esattamente quello che aveva promesso e minacciato di fare per bocca di Aurelio Mancuso, ex presidente dell’Arcigay, ora a capo di Equality: ha pubblicato una lista di 10 big della politica rei di essere omosessuali ma di avere sempre perorato pubblicamente la causa dell’omofobia. La Procura già indaga (come se avesse già poco da fare). Come sempre, l’Italia si è divisa in due: quelli a favore dello sputtanamento mediatico da una parte, e i paladini della privacy dall’altra. E’ il classico approccio da ultrà ormai molto in voga in questo Paese che viene puntualmente ed abilmente cavalcato da chi ci governa per distogliere l’attenzione dai veri problemi o dalla questione morale che c’è alla base dello scontro politico e sociale, se ancora di morale si può parlare. C’è chi dice sia un gesto poco etico, chi sostiene che violi la privacy, chi è convinto sia controproducente. Persino l’Arcigay, per bocca del suo presidente Paolo Patanè, la definisce una “brutalità gratuita e intollerante”. Dal basso però, la comunità gay si spacca molto poco e sembra avere le idee più chiare a riguardo: se sono gay e omofobi, ben venga lo sputtanamento. Chi di spada ferisce, di spada perisce.

Sarebbe sbagliato ridurre questo gesto ad un semplice atto di vigliaccheria mediatica teso a ridicolizzare un gruppo di politici di destra. Alla base di questo atto di forza c’è l’impossibilità di comunicare su amplia scala. C’è la necessità di creare “il caso”, di gettare il macigno nello stagno per far sì che uno dei cerchi arrivi fino al cuore dell’opinione pubblica e porti alla ribalta, o alla luce del sole, un problema concreto e molto delicato: l’omofobia dilagante di questo Paese e l’ipocrisia strisciante di una parte della società che rinnega una parte di sé in nome di una falsa morale cristiana. C’è anche una classe politica indecente che invece di fare da modello sociale, diventa una specie di manuale della “cattiva condotta”, trincerandosi dietro il proprio potere autoreferenziale.

Personalmente, da donna e da progressista, non capisco questo spirito da crocerossina che all’improvviso sembra muovere molti esponenti di spicco del mondo gay. Non capisco perché debbano sentirsi in dovere di spezzare una lancia a favore di personaggi che hanno fatto della discriminazione (razziale, sessuale, politica) il loro cavallo di battaglia. Non vedo neanche cosa ci sia da difendere se, come sostengono da sempre, l’essere gay non è un insulto o qualcosa di cui ci si dovrebbe vergognare. A questo aggiungo che, sempre da donna, non mi piace il “due pesi, due misure” usato da degli esponenti, essenzialmente uomini, il cui cameratismo verso i loro “simili” tende a proteggere il loro diritto, seppur in plateale contraddizione morale ed ideologica con il loro operato, di mantenere la propria sessualità nascosta. Non ho sentito i lor signori fare altrettanti nobili ragionamenti quando ad essere sputtanate su tutte le pagine dei giornali sono state ragazze (donne), alcune appena ventenni, ree di avere fatto sesso (a pagamento?) con il Premier ed i suoi commensali. Le prostitute vanno messe alla gogna, i prostituti no. Chi va a zoccole va millantato e smascherato chi va a trans no. Anche se in modo diametralmente opposto alla formula standard, anche in questo caso gli “uomini” pesano più delle “donne”.

Rimane una realtà inconfutabile: l’Italia è forse uno dei Paesi, se non IL Paese più omofobo in Europa. La legge che tutela i gay, sia dal punto di vista fisico che giuridico, non è mai arrivata. Questa sconfitta civile è da imputare in parte al Vaticano, ancora legato a principi medievali di concezione della coppia, ma anche e soprattutto ai politici “celoduristi” che si sono sempre opposti, sia a parole che con i voti, a qualsiasi tentativo di riforma progressista. Di giorno. Poi di notte, si sa…quando la luce si spegne…ci si dimentica dei propri principi.

Chi non ha nulla da nascondere, non ha nulla da temere. Chi predica bene e razzola male è giusto che venga messo sotto osservazione. Name it and shame it. Così come è giusto pubblicare i nomi di quei politici che di giorno sfilano al Family Day e poi di notte prendono parte a festini di sesso e coca o di quei prelati che dal pulpito predicano a favore della famiglia e dei principi cristiani e poi in sacrestia abusano di bambini indifesi, così è necessario smascherare questi vigliacchi ipocriti che si fingono machi ed invece si rivelano tutt’altro.

La lista outing, giusta o sbagliata che sia, è’ una nuova forma di resistenza civile, una rivoluzione in cui le parole vengono usate come lame ed in cui la ghigliottina è mediatica per cui le teste (di cazzo) rimarranno attaccate al collo. E’ la rivoluzione di coloro che vengono ignorati, derisi, emarginati e discriminati. E’ una nuova rivoluzione che parte dal basso e dove chi subisce ogni giorno gli abusi del potere tenta di farsi giustizia da solo perché sa che la giustizia in questo Paese è ormai una pratica puramente goliardica. E’ un atto triste, doloroso ma necessario. Necessario al cambiamento, alla consapevolizzazione della propria condizione di vita. A mali estremi, estremi rimedi. Ed agli estremi, anzi ai margini, si inizia a respirare estremismo.

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