Di Ciambelle e Buchi


Tre settimane di vacanze italiane. Sono state delle belle vacanze all'insegna del sole, del mare, del buon cibo e di tanti Spritz. Vacanze durante le quali ho avuto modo di riabbracciare la mia famiglia ed i miei amici più cari, quelli con i quali non importa quanto tempo sia passato, ti ritrovi immediatamente. Sono state delle vacanze benefiche anche dal punto di vista sociale perché nell’era di Facebook, in cui nulla è come sembra, è stato fondamentale riaffermare le amicizie vere, che Facebook a volte rischia di offuscare, rafforzare quelle in erba ma con grosso potenziale e mettere una croce su quelle inutili alle quali Facebook ti porta a dare un’importanza fittizia. 

L’Italia l'ho trovata così come l'avevo lasciata. Qualche buca in più, qualche negozio in meno. Un non-cambiamento tutto sommato positivo in un Paese in cui il peggio non è mai venuto. Gli italiani, in generale, li ho trovati peggiorati: tristi, rassegnati, incattiviti, appesantiti dalla prospettiva di un futuro molto grigio. Persino l'idea dell'estate rovente trascorsa su delle bellissime spiagge ha perso il suo appeal, il suo valore di eterno "contentino". Generalizzerò come si generalizza quando si cerca di dare un senso alle esperienze vissute: gli italiani vivono ormai in una realtà parallela, priva di contraddittorio e di base di confronto, in cui tutti sono (auto)convinti di essere in qualche modo quello che non sono. Purtroppo, l’arroganza aasociata ad una mancanza di apertura verso l’esterno porta ad una percezione della realtà sbagliata, gonfiata, quasi grottesca, in cui le gioie ed i dolori del singolo e/o singoli generano lo stesso interesse degli affari di stato. Si ascolta poco, ci si parla addosso, ci si parla dietro. Tutti a lamentarsi ed a lamentare una mancanza di ascolto altrui ma nessuno che sia pronto egli/ella stesso/a ad ascoltare. Tutti sintomi di un ego-ismo che rivela un malessere sociale serio (analfabetismo funzionale pare si definisca).

A livello di strutture, il Paese è rimasto 30 anni indietro. Scarsamente tecnologizzato, male organizzato, inefficiente, vecchio, carente di quell'abc gestionale che è il minimo richiesto non dico per eccellere, ma per sopravvivere. Di talento ce n'è tanto, ma finisce stritolato nelle maglie strette di un sistema di stile punitivo piuttosto che propositivo. Tutte cose che a livello di economia globalizzata si pagano e si pagano caro. Quello che rattrista è la mancanza di volontà di ammodernamento, di riforma. Siamo ancora fermi ai fax, ai cedolini fiscali, alle pratiche cartacee, agli appunti scritti, alle marche da bollo, ai timbri. Ormai la Cina ci da due giri in quasi tutto – presto anche nella qualità non solo nella quantità. La gente si racconta bugie legalizzate dalla mattina alla sera, trasposizioni della realtà alla quale fa comodo a tutti credere. Mancano finanziamenti, programmi, visione, capacità. Ma soprattutto, manca la volontà di guardarsi allo specchio, di cambiare e cambiarsi.  Persino il mare Adriatico, deturpato da scarsi controlli e scarichi abusivi, sta perdendo la sua originaria bellezza. Divieti di balneazione, temperatura dell'acqua troppo alta, immondizia galleggiante, meduse e batteri. Ci mancano solo i barracuda. Anzi no, pare siano arrivati anche quelli! Non rimane che aggrapparci alla rinomata bella figura, agli spaghetti allo scoglio e ad un bicchiere di Prosecco. Quelli si. Tutto il resto non lascia presagire nulla di buono. In un Paese in cui ci si alza la mattina sapendo di dover fottere il prossimo per non essere fottuti a propria volta, il domani non puo' che essere misero. Un esercito di vittime a prescindere. Un popolo orfano di re, anzi di reuccio. Più che una ciambella riuscita senza buco, direi che ormai si possa parlare di buco senza ciambella intorno. Con la TV (spazzatura) perennemente accesa a colmare il vuoto. Un vuoto nel vuoto.


Gli italiani purtroppo sono destinati, anzi direi votati, alla dittatura. Per cui, chi puo’ parta. Chi non puo’…..c’e’ sempre la bottiglia di Prosecco.

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