I CINQUE CERCHI (ALLA TESTA)

Le Olimpiadi di Londra si sono concluse ieri notte così come erano iniziate: con stile, colore, perfetta sincronia e spirito sportivo. Team GB, la squadra britannica, ha portato a casa un record assoluto di medaglie: 65 in totale, 29 d’oro. A detta di tutti, l’organizzazione è stata impeccabile, le strutture perfette, il clima civilissimo e l’ospitalità nonché sportività dei padroni di casa davvero favolosa. Se i G20 fossero tenuti nello stesso spirito in cui si sono svolte queste Olimpiadi, oggi non saremmo di fronte a questa crisi su scala mondiale. L’Italia, dal canto suo, ha fatto il suo “dovere”: 28 medaglie, 3 oltre quelle richieste da Petrucci come target da raggiungere in questa spedizione, di cui 8 d’oro. C’è qualche cucchiaio di legno di troppo, qualche rammarico sul finale (l’oro non conquistato dai ragazzi della pallanuoto e il match perso sul filo di lana per decisioni contestate dei giudici da Cammarelle) ma, in generale, ci si può ritenere moderatamente soddisfatti viste le aspettative. Ed oggi si dovrebbe discutere sul come mai una nazione con più di 60 milioni di abitanti ed una tradizione sportiva come quella italiana abbia ottenuto molte meno medaglie di Francia, Germania e Gran Bretagna. E invece come sempre, ci si concentra sulle piccolezze, su pretesti per sciacquarsi la coscienza, per uscirne puliti. A guardare le testate dei giornali di stamattina, una persona che non avesse visto le Olimpiadi, potrebbe quasi pensare che l’Italia sia stata derubata di chissà quale riconoscimento, vittima di decisioni scandalose (vedi il caso Cammarelle). Come se una medaglia d’oro in più cambiasse radicalmente il quadro generale quando invece la nostra posizione sarebbe rimasta esattamente immutata. E’ sempre la solita Italietta che guarda al dito e non alla Luna. Oggi, quando tutto il mondo applaude Londra ed i britannici per queste Olimpiadi, noi sprechiamo il fiato per recriminare. Non riusciamo a vincere ma non sappiamo neanche perdere. C’è sempre qualcun altro da additare, da colpevolizzare piuttosto che ammettere che forse, non siamo stati sempre all’altezza della competizione. Mi chiedo se il Gabon ci stia imprecando contro per quell’oro assegnato dai giudici a Molfetta nel taekwondo. E mi chiedo se, nel lontano 2006, quando diventammo campioni del mondo di calcio, fossimo stati noi al posto degli australiani, se avremmo reagito con la stessa sportività (io ero in Australia, e posso confermarlo) quando vincemmo una partita a pochi minuti dalla fine per un rigore dubbio e dopo aver praticamente subito i socceroos per tutto il match. La verità è un’altra: ovvero che questo Paese non investe nello sport (in realtà, non investe in nulla a parte le banche). I giovani faticano a trovare uno scacco di prato dove poter tirare calci ad un pallone e per praticare una qualsiasi disciplina sono costretti, sin da tenera età, a mettersi nelle mani di qualche polisportiva. Le strutture sportive sono ferme agli anni ’70, le associazioni sportive sempre meno e sempre più “povere”. Le scuole prive di uno straccio di spazio abilitato a praticare un qualsiasi sport che non sia arrampicarsi sul quadro o fare flessioni. I parchi versano in degrado completamente privi sia di attrezzature ludiche che sportive. I giovani non vengono motivati, non vengono supportati. E lo specchio sono le Olimpiadi. La nostra squadra di pallavolo femminile aveva l’età media più alta del torneo. Erano vecchi anche quelli della pallavolo maschile, della pallanuoto, Cammarelle, Molfetta, Vezzali e molti altri. C’è scarso ricambio generazionale perché non ci sono politiche giovanili che portano atleti in erba a potenziare le proprie abilità fino al salto di qualità. Occorrono investimenti, pianificazione, programmazione e organizzazione. I britannici, che ad Atlanta chiusero con 15 medaglie, di cui solo una d’oro, oggi, grazie ad una politica mirata, sono riusciti nell’impresa e cioè quadruplicare il numero di medaglie totali e quasi raggiungere la quota 30 medaglie d’oro, target raggiunto da poche nazioni nella storia delle Olimpiadi. Questi numeri non sono casuali. Alle Olimpiadi di Londra, in barba a tutti bookmakers ed alle personalità di spicco in ballo, gli ultimi tedofori sono stati giovani atleti sconosciuti, promesse dello sport. Un messaggio chiaro ed importante che la Gran Bretagna ha voluto dare al mondo: i giovani sono il nostro patrimonio, la nostra speranza, il nostro futuro. Noi, Paese di vecchi, che futuro vogliamo dare ai nostri giovani? Nello sport ma anche oltre.

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